Negli ultimi giorni abbiamo avuto l’opportunità di parlare con il socio fondatore Paolo Perticaroli, un pilastro di Flessya, membro chiave del team di produzione porte e del consiglio di amministrazione dell’azienda.
La sua esperienza e la sua dedizione al lavoro, specialmente nella gestione dei pantografi e della linea di verniciatura a velo, sono state molto importanti per il successo del nostro marchio. Ora che il suo reparto è impegnato a superare un periodo particolarmente difficile, la sua figura è fondamentale.
Quarantatré anni, almeno 25 dei quali dedicati alle porte, è un personaggio piuttosto schivo e non è facile convincerlo ad esporsi.
Per questo abbiamo colto l’occasione unica e l’abbiamo intervistato!
Paolo, raccontaci di te. Qual è il tuo ruolo in Flessya?
Sono un impiegato e socio dell’azienda. Gestisco un po’ la produzione, in particolare la verniciatura, la programmazione delle attività del pantografo e la preparazione dei lotti per la produzione. Coordino i team e stabilisco le priorità lavorative, assicurando che tutto proceda senza intoppi.
Mi pare di capire che però la verniciatura ha un ruolo prevalente nelle tue giornate. Te ne occupi interamente tu a livello di management?
Non esattamente. In verniciatura ci sono due reparti: il primo riguarda le porte incise e pantografate. Queste vengono verniciate a mano con delle spruzzatrici oppure si utilizzano dei robot e se ne occupa mio padre, Ireneo.
Io supervisiono e gestisco invece il secondo reparto, la “linea velo”, che riguarda le porte lisce, laccate o in finitura legno (compreso il poro aperto). Qui si applica un sottile velo di vernice con processi automatizzati diversi e vengono trattate molte porte alla volta. In pratica coordino i team, decido cosa mettere in lavorazione, cosa fare prima o dopo ecc.
Immagino sia complesso da gestire…
La verniciatura richiede precisione e attenzione. Soprattutto, serve una lunga esperienza. È facile commettere errori e mettere a punto cicli nuovi è un compito complicato, ma grazie alla professionalità di tutto il team tecnico riusciamo sempre a mantenere un alto standard di qualità nella produzione porte.
Come è iniziata l’avventura di Flessya per te?
La nostra storia ha preso il via dopo aver lasciato Dorica Castelli [da un anno riassorbita in Flessya, NdR]. Mio padre, Ireneo, aveva capito che il futuro là stava diventando incerto. Così, insieme a Paolo Pantaleoni abbiamo deciso di fondare Flessya, portando avanti una visione aziendale che fosse più in linea con la nostra.
Lavorare a stretto contatto con tuo padre deve essere interessante. Com’è questa esperienza?
È complicato [ridendo]. Ha un carattere un po’ particolare, non sempre è facile andare d’accordo. Ma ci ho sempre lavorato, ci sono abituato. Però alla fine ce l’ha sempre vinta lui!
Cosa apprezzi di più del tuo lavoro in Flessya?
Il fatto che mi piace. La passione per il mio lavoro è ciò che mi guida ogni giorno. Apprezzo poi la varietà delle mie responsabilità, il fatto di non essere legato solo alla scrivania, ma anche alla produzione porte vera a propria.
Un consiglio per i giovani interessati a seguire le tue orme?
[Ride] Consiglierei di pensarci bene! È un lavoro che richiede dedizione e impegno, si lavora tanto. Se non c’è la passione meglio scegliere altro. Tutti noi, qui in Flessya, le porte ce le abbiamo nel sangue: io stesso ho sempre fatto solo porte.Come tutti sappiamo, ultimamente c’è stato un incidente in produzione, un incendio che ha distrutto parte del reparto verniciatura. Come impatterà nell’immediato futuro?
È stato un duro colpo, come dover ricominciare ogni cosa da capo. Tutt’ora, per me, un po’ è così, ma siamo determinati a superare anche questa sfida. Siamo in fase di ricostruzione e in verniciatura ci attendiamo di tornare al massimo delle nostre capacità entro sei mesi.
Di sicuro saremo ancora più forti e competitivi. La situazione ci ha imposto di rimettere a pieno regime la verniciatura della nostra seconda sede [ex Dorica Castelli, NdR]. Inoltre, le nuove macchine in arrivo saranno di ultimissima generazione.
Come vedi il mercato delle porte attualmente e quali sono le prospettive per Flessya?
Prima dell’incidente stavamo andando molto bene, il lavoro era tanto e i numeri in crescita. Dato che noi facciamo molto su misura, abbiamo affrontato con una marcia in più le crisi passate, aumentando sempre il fatturato, nonostante i trend di mercato. La produzione porte su misura è faticosa, poche aziende la fanno, ma è un fattore competitivo importante.
Ora la situazione ci ha forzato a rallentare. Stiamo lavorando per recuperare i ritardi accumulati e, come ho detto, tra qualche mese saremo più forti di prima. Poi per vedere più in là ci vorrebbe la palla di cristallo, ma di sicuro anche tra 20 anni io sarò sempre nell’ufficio produzione, proprio come oggi.
Parlaci di te nel privato. Cosa ti piace fare fuori dal lavoro?
A casa? Mi prendo cura del mio cane, Bruno. È un lagotto romagnolo. Poi mi piacciono i film, in particolare la commedia italiana degli anni ‘60 e ‘70. E la musica rock dello stesso periodo.
Nessuno sport?
Da ragazzo sì, giocavo a baseball, ho militato in A2 con il Cupra. Mio padre era il presidente della società, ma avevo 18 anni e non giocavo mai. Entrato in prima squadra, mi tenevano sempre in panchina!
C’è un modello di porta Flessya che preferisci? Cos’hai a casa tua?
Mi piacciono soprattutto le porte laccate, magari i modelli incisi. A casa mia sono tutte porte laccate lucide, ma lisce. Mi piace che risaltino sul mio arredo moderno. In generale sono più orientato allo stile minimalista: ho scelto infatti delle Rasomuro, senza telaio né cornici a vista.
Grazie, Paolo, per la tua disponibilità.
È finita? È un sollevo! Preferisco mantenere un profilo basso; per me, questa intervista è stata una vera sfida!